Quando mi svegliai non mi ritrovavo più sulla nostra giunca, ma su una piccola spiaggia immersa in una leggera nebbia, riparato da alcuni scogli scuri. Accanto a me il marinaio che aveva frenato la mia caduta. Da lui seppi che insieme ad altre due giunche avevamo fatto naufragio e sospinti dal vento e dalle onde eravamo finiti contro quegli scogli. Gran parte del nostro equipaggio era finito in mare durante l’attacco di quella creatura e nonostante i danni che avevamo riportato, il nostro capitano era riuscito ad allontanarsi dal pericolo e a portarci in salvo.
Costruimmo un rifugio sulla spiaggia per metterci al riparo dalle intemperie e da possibili pericoli. Il capitano mandò alcuni uomini all’interno per cercare acqua e cibo, eravamo riusciti a recuperare ben poco dalle nostre scorte.
Guardando il mare distinguevo nella nebbia opaca il profilo delle nostre giunche incagliate negli scogli. Trascorsi alcuni giorni a riposare e a rimettermi in forze. La ferita alla testa era meno profonda di quel che avevo temuto e bastarono alcuni impacchi che feci preparare ad uno degli eunuchi che si era salvato fra quelli presenti sulla nostra imbarcazione. Una sera il capitano Lin Tao venne da me, dopo essersi sincerato delle mie condizioni mi mise al corrente della situazione in cui ci trovavamo. I superstiti ammontavano a quarantadue, di questi una decina erano feriti in modo lieve. Le imbarcazioni erano danneggiate in modo irreparabile e non avrebbero potuto più prendere il mare. Il capitano aveva mandato a bordo alcuni uomini per recuperare provviste qualsiasi cosa ci potesse risultare utile. Aveva recuperato anche alcuni miei rotoli e del materiale medico che avevo con me. Dalla spiaggia in cui ci trovavamo non riuscivamo a vedere null’altro della costa e alle nostre spalle una parete di roccia alta una decina di metri ci isolava dal resto dell’isola. Cinque soldati erano stati mandati in esplorazione guidati da un altro ufficiale, il giorno stesso del naufragio, ma ancora non avevano fatto ritorno. Eravamo bloccati lì con i viveri che presto non sarebbero più stati sufficienti alle nostre necessità. Inoltre molti marinai erano nervosi per la continua nebbia che ci circondava. Alcuni parlavano di spiriti malvagi che si nascondevano in attesa di colpire e che sarebbe stato meglio morire in mare e non attendere la fine, impotenti, fra quegli scogli. Se solo la nebbia si fosse diradata avremmo potuto scrutare il mare alla ricerca di qualche imbarcazione della nostra flotta, ma in queste condizioni sperare in un aiuto via mare non era plausibile. Forse la soluzione migliore era quella di abbandonare questa spiaggia e avventurarsi tutti verso l’interno. Quella notte oscuri presagi tormentavano il mio sonno. Ombre si nascondevano nella nebbia, pronte ad attaccarmi mentre vagavo sperduto seguendo quella che ritenevo essere la voce del mio maestro che si rivolgeva a me con queste parole: ͞”Non desistere Chen Li, non perderti nel buio dell’ignoranza, aspira alla luce della conoscenza.La meta è vicina e i segreti degli otto immortali si dischiuderanno dinanzi ai tuoi occhi se tu intraprenderai il giusto sentiero.”
Poi mi apparve un Qilin dal manto infuocato, un cavaliere lo dirigeva con solennità verso me, la nebbia si diradava e le ombre si disperdevano al suo passaggio. Quando fu abbastanza vicino riconobbi il copricapo di vostra altezza celeste e mi inginocchiai per rispetto volgendo lo sguardo in basso. Quando gli zoccoli del Qilin furono ad un paio di passi da me, la sua voce, splendore divino, mi disse: “Alzati mio fidato servitore. Il tuo destino è quello di compiere il mio divino volere e farmi dono dell’immortalità affinché io regni ora e per sempre sulle terre al di sotto di questo cielo. Vai e scova l’elisir di vita eterna!”
La mattina seguente, esortato dalle sue parole ancora vive nella mia mente, andai dal capitano a raccontargli il mio sogno proponendomi per guidare una spedizione composta da un numero adeguato di uomini al fine di completare la missione per la quale avevamo lasciato le nostre case. ͞”Capitano, il destino ci ha spinto su questa riva per dare gloria al nostro imperatore!” Lin Tao mi concesse trenta uomini fra i più valorosi ed una adeguata scorta di cibo e materiali. Restò personalmente sulla spiaggia con due eunuchi che si sarebbero presi cura dei feriti ed un paio di marinai anziani a lui legati dal lungo servizio sulle sue navi. ͞”Va e rendi onore alla tua terra e al tuo imperatore!” furono le parole con cui mi salutò l’indomani, quando le prime luci dell’alba rischiararono la nebbia che ci avvolgeva. Scalammo la ripida parete di roccia e ci addentrammo in una foresta fatta di strane piante dalle larghe foglie che non avevo mai visto. Avrei voluto fermarmi per studiare meglio quelle piante , ma non ne avevamo il tempo. Dovevamo riuscire a trovare una fonte di acqua prima dell’imbrunire.
La vegetazione si faceva sempre più fitta mentre procedevamo verso l’interno e la nebbia sembrava darci tregua fintanto che ci trovavamo fra gli alberi, eppure la sensazione di essere esposti al pericolo non ci abbandonava mai. Ci sentivamo spiati, come se la foresta stessa ci controllasse e ci indirizzasse mostrandoci un sentiero più facile lungo cui avanzare. A metà giornata sostammo per ritemprarci. Non avevamo ancora trovato alcuna radura né un corso d’acqua e, cosa ancora più strana, non avevamo incontrato alcun animale. Né nascosto fra le fronde dei rami né acquattato nel sottobosco. Mandai un uomo ad arrampicarsi su di un albero per controllare dall’alto la nostra posizione. Dal basso seguimmo la sua ascesa finché non sparì fra la vegetazione. Lo sentimmo ancora muoversi fra i rami fino a che un fruscio più forte ed un gemito non interruppero il suo avanzare. I balestrieri puntarono le loro armi verso l’alto e restammo tutti in silenzio per diverso tempo, senza sapere cosa doverci aspettare e come agire. Provammo dunque a chiamare il marinaio, senza avere però alcuna risposta. Attendemmo invano del tempo, indecisi se far salire qualcun altro. Nessuno però voleva fare la fine del marinaio inghiottito dalla foresta e decidemmo di raccogliere le nostre cose e allontanarci. La sera stava per giungere e con il suo avvicinarsi diminuiva la speranza di trovare un luogo adatto per accamparci. Poi, due guardie che avevo mandato in avanscoperta tornarono dicendo di aver trovato un corso d’acqua. Procedemmo nella direzione indicataci fino a trovare uno spiraglio nella ricca vegetazione che ci attorniava e ci trovammo sulla sponda di un torrente. L’acqua scorreva lenta e su di essa galleggiavano delle foglie larghe quanto un tavolo. Gli alberi che delimitavano il torrente si protendevano con i loro rami fino ad incontrare i rami degli alberi della sponda opposta, formando così una suggestiva galleria dalla quale pendevano delle lunghe propaggini verdi e marroni che lambivano la superficie dell’acqua. Mandai degli uomini lungo le rive a risalire il torrente in entrambe le direzioni per trovare un luogo più largo per trascorrere la notte e mi fermai a studiare quelle misteriose piante che ci circondavano mentre gli uomini si ristoravano bagnandosi nell’acqua fresca. Gli alberi avevano fusti larghi ed imponenti con cortecce ruvide ed irregolari, segnate da profondi solchi che decorrevano dal basso verso l’alto. Dentro questi spazi cresceva del muschio che col calare dell’oscurità sembrava brillare di un verde più acceso. Dai fitti rami ricoperti di foglie scendevano lunghe propaggini nodose. Alcune terminavano a metà altezza, altre, come quelle già descritte che si trovavano sul torrente e arrivavano a toccarne l’acqua, penetravano nella bassa vegetazione che ricopriva il terreno, composta per lo più da felci e altre piante simili.
Ci accampammo poco più in alto risalendo il corso dell’acqua, in uno spazio largo abbastanza da permetterci di stenderci. Provammo ad accendere un fuoco per tenere lontani eventuali pericoli, anche se non avevamo incontrato alcuna forma di vita in quella foresta, ma la poca legna che avevamo trovato era troppo umida e tutti i nostri sforzi furono vani. Pensavamo perciò di essere costretti a passare la notte completamente al buio e invece ci rendemmo conto che col trascorrere del tempo il muschio presente sugli alberi sembrava emanare un bagliore sempre più intenso e in breve ci trovammo immersi in una spettrale luce verde. Molti marinai mi sembrarono terrorizzati. Intrisi come erano di superstizioni, credevano fosse opera di spiriti della foresta. Provai a spiegare loro che si trattava di un fenomeno naturale, ma dopo tutto quello che avevamo visto durante la navigazione non ne ero certo nemmeno io. Organizzammo dei turni di guardia e ci preparammo a trascorrere la notte. Dormii e sognai la voce del maestro Xu Fu che mi chiamava, ma non riuscivo a distinguere le sue parole. Mi sentivo confuso e ripetevo a voce sempre più alta che non riuscivo a comprenderlo, allora il maestro tacque e mi si fece incontro. Allungai una mano verso la sua figura e questa prese a ricoprirsi di muschio e corteccia, trasformandosi in un tronco d’albero. Urlai di terrore e mi risvegliai e forse quel sogno servì a salvare la mia vita e quella di chi mi stava abbastanza vicino da essersi svegliato in seguito al mio urlo.
Quasi contemporaneamente venimmo attaccati dall’alto.
Continua…
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